Le illusioni ottiche sono generate dal nostro cervello che, nel lasso di tempo intercorrente tra la percezione delle immagini e la loro elaborazione, tenta di anticipare le conclusioni.
Quando gli stimoli visivi sono ambigui, le previsioni rischiano di essere ingannevoli, basandosi – più che su riscontri oggettivi – su deduzioni ispirate dalla nostra esperienza e dalla nostra emotività.
Recentemente, aiutando una rinomata azienda vitivinicola ad innovare il proprio modello di business, ci siamo soffermati su chi fosse il loro cliente. Apparentemente una domanda molto semplice. L’imprenditore e i manager mi hanno risposto con un dettagliato identikit di chi, davanti allo scaffale di un negozio, scegliesse il loro prodotto.
Peccato che mi abbiano descritto un’illusione ottica, non il loro cliente reale.
C’è un metodo semplice per avere sempre chiaro chi è il cliente: è quello chi ci paga!
Nel loro caso soprattutto piccole catene retail, che ritengono che valga la pena acquistare il loro vino, pagarlo e correre il rischio che non venga venduto o non ad un prezzo congruo. Loro sono i soggetti che apprezzano il valore del prodotto offerto, tanto da impegnare risorse economiche per venirne in possesso. Sono loro che meritano le attenzioni di quell’azienda vitivinicola.
Perchè coltivavano l’illusione ottica del falso cliente/consumatore finale? Un po’ perchè dilettarsi su temi quali la brand identity, la segmentazione della clientela o le strategie social è piacevole. Un po’ perchè spostarsi nel campo di azione di un altro soggetto consente quella coltura dell’alibi per la quale se giudico il lavoro di altri, non verrà giudicato il mio.
Il grado di inefficienza di una siffatta dinamica è rappresentato dal livello di tensione intercorrente tra i partner. Solitamente quando c’è confusione di ruolo tende ad innalzarsi.
Nel caso in esame i rispettivi focus sono stati velocemente chiariti: l’azienda vitivinicola è esperta di produzione di vino e di relazioni commerciali con le piccole catene retail, quest’ultime di vendite al consumatore finale.
Finchè ognuno farà bene il proprio lavoro, sarà un vantaggio per tutti. Ogni sovrapposizione sarà solo inefficienza che il consumatore finale non sarà disposto a pagare.
Rimanere focalizzati non è difficile. Basta condividere periodicamente con i clienti, quelli veri, la fotografia del contesto competitivo e chiedersi assieme come poter soddisfare meglio il consumatore finale. Contribuendo ognuno per il proprio ruolo.
Ed è quello che è stato fatto. Un’attività di incontro, ascolto e condivisione coi propri clienti/partner che ha generato progetti di innovazione di prodotto e di co-marketing, giustificati da aumentati volumi di acquisto.
Quando questo dinamica non funziona, la soluzione non è sopperire al lavoro del partner, ma chiedersi se è il partner giusto, ed agire di conseguenza.
Fare confusione e confondere i piani in un contesto di turbolenza, rischia che l’illusione ottica che abbiamo di fronte sia un miraggio. E quando si tocca con mano quanto sia distante dalla realtà, potrebbe essere già troppo tardi.