Capita che il miglior venditore senta il bisogno di crescere professionalmente ed individui nel coordinamento di altri venditori il suo prossimo step di crescita.
Di solito è un piccolo terremoto. Non è detto che l’opportunità in azienda ci sia e il pericolo di uscirne indeboliti è dietro l’angolo. Il rischio è di perdere una presenza commerciale efficace sul territorio e di vederla rafforzare le fila della concorrenza.Un elevato volume vendite, però, non è detto che equivalga a buona leadership.
Il bravo venditore è un cacciatore. Il momento della caccia può essere frutto di atti repentini o di lunghe attese, ma la sua soddisfazione è l’epilogo, che diventa anche l’indicatore della bontà di quanto messo in atto fino a quel momento. Il cacciatore è adrenalina pura. La firma sulla copia commissione è lo scalpo di chi ha vinto la battaglia. E’ un modo per affermarsi all’interno della propria tribù (azienda) e di dare significato alla sua presenza sul territorio (mercato). Il venditore è sano egoismo che diventa motore per l’economia.
Il bravo coordinatore, invece, è un allevatore. Il momento della mungitura è frutto di un processo lento, attento, fatto di continui piccoli gesti. La sua soddisfazione è leggere piccoli segnali ogni giorno e riporre in questi le proprie speranze. L’allevatore è ossitocina pura (l’ormone che attiva il comportamento materno). Deve quotidianamente trovare soddisfazione e stimolo, leggere i cambiamenti e mettere in atto strategie nuove. Il coordinatore è sano altruismo che diventa leadership.
Il raggiungimento degli obiettivi di vendita non basta per trasformare un bravo venditore in un bravo coordinatore. La prima difficoltà sta nel rendersi conto che affidarsi unicamente alle proprie forze non basta. Che i tempi di reazione degli altri sono diversi. In questo caso come reagirà il nuovo coordinatore? Adotterà una tattica di pressione per spingere le performance o una tattica di accoglienza puntando sull’empatia?
Nel primo caso i risultati a breve potrebbero anche essere positivi. A qualsiasi commerciale fa comodo avere un responsabile che insegni qualcosa di nuovo o che, addirittura, aiuti a chiudere qualche trattativa. Ma finita questa spinta, probabilmente arriverà la frustrazione. Il commerciale penserà che in fondo è andata bene solo qualche vendita, il nuovo responsabile che il commerciale non ha fatto tesoro delle sue indicazioni e metterà in dubbio la sua reale volontà di essere aggressivo sul mercato. E’ una leadership che si basa sull’utilità reciproca. Finchè c’è, la relazione regge. Quando viene a mancare sarà foriera di tensioni che, inevitabilmente avranno ripercussioni anche nel rapporto con la clientela. I segnali di una leadership di questo tipo si hanno nel momento di passaggio, quando si testa il bravo venditore in situazioni di affiancamento. Se chiederà quanto verranno pagate quelle giornate che lui ‘perde’ coi suoi colleghi, allora le possibilità di una leadership utilitarista sono alte.
Nel secondo caso, i risultati potrebbero essere più lenti ma più duraturi nel tempo. Il commerciale si sentirebbe accolto come persona e ‘giocatore’ nella squadra del coordinatore. Una leadership che fa leva sull’empatia è inclusiva e lavora sull’ascolto e sulla condivisione della conoscenza. Si genererà, quindi, un senso di squadra e uno stile comune che il mercato non mancherà di percepire e di riconoscere come identità chiara e forte. I segnali di una leadership inclusiva si hanno quando il buon venditore propone soluzioni innovative alla direzione commerciale senza chiedere cosa otterrà in cambio, ma per il gusto di migliorare, naturalmente senza mancare di chiedere che gli sia riconosciuto, a risultati ottenuti, il valore creato.
Il leader, spesso, viene identificato come il condottiero che si lancia in battaglia in testa al proprio esercito. Una prima analisi esalta l’elemento della forza, che porta a concludere che il miglior guerriero possa diventare un buon condottiero. E’ invece importante un altro aspetto, quello del sacrificio. Essere in prima linea significa mettere in gioco la propria incolumità, fisica e psicologica, perchè si ritiene che la causa vada oltre la somma degli interessi dei singoli. Quando la prima motivazione della leadership è il donarsi, il mettersi al servizio, chi sta intorno non può rimanere indifferente e inevitabilmente si farà contagiare da questo atto di gratuità.