Chissà a quanti sarà capitato di corteggiare e coccolare in tutti i modi una ragazza. A lei piaceva ballare e si accompagnava in discoteca. A lei piaceva il mare e si passava il week end in spiaggia. Per non parlare dei fiori e dei regalini di Hello Kitty. Inspiegabilmente quell’ingrata ci ha lasciato.
Così, ogni giorno, ci prodighiamo coi nostri clienti. Li accontentiamo con la personalizzazione del prodotto/servizio, concediamo qualche piccolo sconto e allunghiamo le valute di pagamento. Per non parlare delle cene e degli auguri di compleanno. Inspiegabilmente vanno dalla concorrenza.
Il motivo è presto detto: confondiamo il tesoro con la mappa.
Rincorrere la ragazza o il cliente è molto comodo. Ci evita di chiederci chi vogliamo essere e, quando la relazione finisce, ci consente di individuare nelle troppe pretese dell’altro un ottimo alibi.
La fine della relazione è causata dall’appiattimento. La ragazza e il cliente hanno bisogno di qualcuno che offra loro qualcosa di più di quanto già conoscono. Hanno bisogno di stupirsi e appassionarsi.
La ricerca di una propria identità può essere dolorosa. Alla soddisfazione per quelli che sono i nostri talenti, abbina la capacità di prendere atto dei nostri limiti. Quando evitiamo di farlo, però, ci condanniamo ad insoddisfazioni maggiori.
Coltivare quello che ci piace, rende tutto più facile. Se ti appassiona la montagna, perderai la compagnia di quella ragazza, ma entrare in gruppo escursionistico, favorirà l’incontro con qualcuno con cui condividere questa passione senza fatica e con reciproco arricchimento.
Eccolo il vero tesoro.
Scoprire sè stessi, il tesoro che si è, attraverso l’incontro con l’altro, che è la mappa.
Così in azienda. L’unicità della cultura aziendale può generare una value proposition originale, che sarà l’anima di quell’organizzazione. I collaboratori si sentiranno parte di un progetto generativo e coinvolgente e i clienti sapranno con facilità che valore possono trovare.
Quando la nostra identità è il motore della nostra proposta, produce passione. Che è contagiosa, perchè fa sentire le persone parte di qualcosa. Come quel ristorante perso nel nulla, dove non si mangia neanche tanto bene, ma che ti fa sentire a casa tua ogni volta che ci vai.
L’unico pericolo è illudersi di soddisfare bisogni senza che questo sia reale. Il cliente è mappa anche in questo caso. Chiediamogli perchè compera da noi, ci aiuterà a fare un atto di verità.
Così il titolare di quel ristorante saprà che il suo migliore investimento non è assumere un cuoco per cercare di diventare un ristorante stellato, ma dedicare un po’ di tempo ad ogni cliente, perchè la sua value proposition soddisfa quel bisogno di relazione.
Allora bisogna dire no a qualche cliente? Sarebbe sbagliato. Bisogna sapere molto bene a cosa dire SI’, e l’insieme di quei sì quanto valore hanno.
La coerenza della nostra identità e del nostro valore porteranno a relazioni vere e arricchenti anche coi clienti.